Tutt'ora è strano che nell'operazione di rapimento di Abu Omar l'Italia non ne sapesse niente. Nel Washington Post del Lunedì scorso Craigh Whitlock informa che gli agenti della CIA involti ne sarebbero adirittura 19, anche se il Corriere conta solo fino a 13 gli ordini d'arresto.
I fatti non sono un incidente isolato nella politica aggressiva degli Stati Uniti che hanno coinvolto gli italiani. È ancora fresca nella memora la liberazione di Giugliana Sgrena, che costò la vita a uno 007 italiano, morto sotto il fuoco amico americano. Quasi sembrerebbe che gli USA non avessero nessun interesse nel mantenere i loro "amici" dalla parte loro, visto come l'Italia subisce.
In un contesto di "guerra contro il terrorismo" la cooperazione deve essere in primo piano, e non gli interventi illegali ed isolati di 13 agenti, che rischiano ora la galera, se mai vengono trovati -cosa che probabilmente non accadrà-. Se un arresto legale di Omar si fosse portato a termine coi meccanismi legali, ed effetuato da Carabinieri assessorati da agenti segreti della CIA oggi non staremmo a parlare di un'ordine d'arresto ma di un trionfo nella guerra contro il terrorismo.
Subito dopo l'11-S, Bush avvetì che "ci sarebbero battaglie che saranno segrete persino nella vittoria". Evidemente il presidente americano stava pensando a questo genere di "battaglie", ciò però non giustifica un intervento del genere in territorio amico, però non americano.
È indispensabile che l'Italia faccia ancora più pressione sul governo americano, per mantenere le relazioni internazionali ad un livello cordiale, come sucede con un governo assai più distanziato da Washington, come quello Francese. L'unità fa la forza. Questo intervento porta solo alla divisione.
Miguel Vinuesa
Friday, July 01, 2005
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